5 maggio 2015


In occasione dalla Giornata mondiale dell’Emofilia, Fondazione Paracelso ha organizzato a Milano, il 17 aprile scorso, il convegno “IMPAZIENTI di cambiare”, che ha visto la presenza di esperti, associazioni di pazienti e Istituzioni, per discutere di sanità, di riordino del Sistema Sanitario Nazionale e del ruolo dei pazienti.

È indispensabile ripensare alla medicina – ha affermato Ivan Cavicchi, docente all’Università Tor Vergata di Roma – intervenendo essenzialmente su tre fattori: ripensare all’idea di scienza in primo luogo, modificando la figura del paziente che diventa sempre più esigente, e intervenire sul livello economico, che oggi condiziona troppo le prassi e le necessità. La società richiede una medicina sempre più personalizzata, mentre la sanità, che gestisce e organizza la medicina, sta diventando sempre più impersonale”.

Bisogna andare verso la sostenibilità del Sistema Sanitario – ha spiegato la Senatrice Nerina Dirindinintesa non come scusa per smantellare il sistema. Il problema oggi non è la sostenibilità economica ma quella politica e culturale. Da numerosi studi internazionali il nostro Sistema Sanitario Nazionale è considerato il più equo e il più economico tra quelli dei Paesi avanzati. Perché smantellarlo? È importante riordinare il sistema in maniera coordinata, in particolare da parte delle Regioni”.

L’attenzione al paziente deve essere valutata nel riordino di un sistema sanitario che vuole essere sempre più efficiente – afferma Andrea Buzzi, Presidente di Fondazione Paracelso. Il paziente infatti è portatore di un sapere e di un sentire che va considerato all’interno del rapporto di cura, e purtroppo oggi osserviamo che, molto spesso, il medico non risponde alle esigenze del paziente, ma piuttosto a quelle del suo “datore di lavoro”, cioè le Regioni. Quello che accade va incontro ai portatori degli enormi interessi economici che ruotano intorno ai sistemi sanitari invece che ai portatori di bisogni di salute, come sembrano indicare le ripetute e potenti spinte verso la privatizzazione dei servizi sanitari e la promozione di programmi assicurativi, favoriti da un’aumentata richiesta di partecipazione alla spesa da parte dei cittadini”.

Il dibattito che è seguito alle tre presentazioni di apertura è stato molto interessante e sono emerse alcune posizioni degne di nota.

Per diversi motivi – ha spiegato la Senatrice Emilia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità – il nostro modello è a un bivio: o verso una revisione del modello universalistico o verso un sistema di tipo assicurativo. Purtroppo il mondo della politica in questo momento è disattento alle questioni della sanità e contemporaneamente gli operatori del sistema sono rinchiusi in loro stessi. Personalmente penso che la scelta universalistica debba essere perseguita e migliorata. Una sanità per tutti è più equa”.

Invito Fondazione Paracelso a un percorso condiviso – ha proposto Piefrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano – per cercare di capire come orientare i cittadini verso cure più mirate, necessarie a costruire un migliore benessere per tutti. In quest’ottica abbiamo appena deciso di aprire come Comune di Milano la prima “Casa medica”, destinata ad accogliere diversi medici di base, in un’ottica di facilitazione delle prestazioni per i cittadini”.

Interessanti anche le indicazioni emerse dalle associazioni dei medici e dei pazienti.

Bisogna pensare a lungo termine – ha spiegato Cristina Cassone di FedEmo – riflettendo che non si può solo parlare di limiti economici”.

Gli aspetti economici sono cruciali, – ha affermato Massimo Morfini Past President di AICE – andando avanti così ci troveremmo di fronte alla scelta di dare dei farmaci costosi ad alcuni e ad altri no. È una situazione da cercare di evitare”.

Abbiamo già avviato alcuni importanti progetti di inclusione – ha spiegato Claudio Castegnaro vice-presidente di Fondazione Paracelso – in particolare rivolti ai bambini. E funzionano molto bene! È indispensabile fare rete e ampliare sempre di più i contatti tra i pazienti per permettere un loro pieno riconoscimento e un ruolo da parte dei medici”.

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