7 marzo 2017


 

Lo scorso 28 febbraio è stata celebrata la X Giornata delle Malattie Rare, il più importante appuntamento al mondo per i malati affetti da tale patologia. L’obiettivo di questa ricorrenza è di far conoscere a pazienti, decisori pubblici e politici, operatori sanitari e sociali, e ai comuni cittadini che cosa siano le malattie rare, quale la loro incidenza, quale il loro peso sociale sulla popolazione e come incidano sul Sistema Sanitario Nazionale.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le malattie rare diagnosticate sono tra 6.000 e 8.000 e colpiscono meno di una persona ogni 2000. Nel nostro Paese il registro del Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità conta oltre 190 mila casi.

L’importanza e l’incidenza a livello globale di queste patologie è dimostrata dalla recente decisione dell’Onu di inserirle a pieno titolo nei cosiddetti 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (http://www.asvis.it/) nell’Agenza 2030.

L’edizione di quest’anno era rivolta in maniera prioritaria alla ricerca farmaceutica per l’individuazione di nuove molecole in grado di sconfiggere queste patologie. E i dati sono a oggi abbastanza incoraggianti: le designazioni di farmaci orfani nel 2016 sono state 209, quasi triplicate nell’arco dell’ultimo decennio (erano 80 nel 2006).

Questo è stato possibile grazie alla creazione di strumenti legislativi europei che hanno dato alcuni benefici alle case farmaceutiche, come, ad esempio, un periodo di esclusività più lungo sui farmaci, e soprattutto alla creazione di una rete tra ricercatori che ha consentito di condividere informazioni e conoscenza.

Incoraggiante è stata anche la recente emanazione del Decreto che aggiorna i Lea (Livelli essenziali di assistenza) – di cui abbiamo parlato in una delle precedenti newsletter – che ha comportato l’aggiunta di 110 nuove malattie rare all’elenco delle patologie già incluse nei Lea.

È importante avere consapevolezza di cosa si sta parlando, capire meglio i bisogni dei pazienti e del loro famigliari e trovare più fondi per la ricerca, in modo da combattere le disuguaglianze dell'accesso alle cure e mantenere il riconoscimento europeo delle malattie rare quale "Priorità di sanità pubblica".

 

 

 

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